LA RANA NEL POZZO

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La parabola che segue è dello Swami Vivekananda, tratta dal discorso che proferì al  Parlamento Mondiale delle Religioni, a Chicago, l’11 settembre 1893:

C’era una volta una rana che viveva in un pozzo.
Era lì da tanto tempo.
Era nata in quel pozzo ed era cresciuta fino a diventare una rana adulta che ogni giorno ripuliva l’acqua dai vermi e dai microbi che vi si trovavano.
Vivendo in questo modo, era diventata bella grassa e lustra.
Un bel giorno, una tartaruga, che invece viveva nel mare, passò di lì e cadde nel pozzo.
«Da dove vieni?».
«Dal mare».
«Dal mare? È grande così?» e la ranocchia fece un salto.
«No, amica mia, è molto più grande!».
«Allora è grande così» e la rana fece un altro salto, più grande.
«Amica mia — rispose la tartaruga — come puoi paragonare il mare al tuo piccolo pozzo?».
«Allora dev’essere grande così!» e la rana si mise a saltare da un estremo all’altro del pozzo.
«Che assurdità voler paragonare il mare a un pozzo!».
«No — pensò la ranocchia che abitava il pozzo —, niente può essere più grande del mio pozzo.
Questa tartaruga è una bugiarda: cacciamola via!».

Questo è sempre il lato difficile delle cose.
Io sono un indù; mi accoccolo nel mio piccolo pozzo personale, e credo che il mondo intero sia lì.
Il cristiano si accomoda nel suo piccolo pozzo e anche lui crede che quello sia l’intero universo.
Il musulmano si chiude nel suo piccolo pozzo e anche lui crede che non esista altro al mondo.

LA NOSTRA PAURA PIU’ PROFONDA di Marianne Williamson

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Non è di Nelson Mandela come comunemente attribuito sul web “La nostra paura più profonda”, ma di Marianne Williamson, “maestra spirituale” americana.
Il brano è tratto da un suo libro intitolato “A Return to Love: Reflections on the Principles of a Course in Miracles” – Harper Collins, 1992 – Chapter 7, Section 3 (pag. 190 – 191).

La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda, è di essere potenti oltre ogni limite.
E’ la nostra luce, non la nostra ombra, a spaventarci di più.
Ci domandiamo: ” Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso? “
In realtà chi sei tu per NON esserlo?
Siamo figli di Dio.
Il nostro giocare in piccolo, non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato nello sminuire se stessi cosicché gli altri non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere, come fanno i bambini.
Siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che è dentro di noi.
Non solo in alcuni di noi: è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsapevolmente diamo
agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri.”

“Our deepest fear is not that we are inadequate.
Our deepest fear is that we are powerful beyond measure.
It is our light, not our darkness, that most frightens us.
We ask ourselves, who am I to be brilliant, gorgeous, talented, and fabulous? Actually, who are you not to be?
You are a child of God.
Your playing small doesn’t serve the world. There’s nothing enlightened about shrinking so that other people won’t feel insecure around you.
We are all meant to shine, as children do.
We are born to make manifest the glory of God that is within us.
It’s not just in some of us, it’s in everyone.
And as we let our own light shine, we unconsciously give other people permission to do the same.
As we are liberated from our own fear, our presence automatically liberates others.”

IL FOLLE

Il folle

 

Mi raccontarono, quand’ero giovane, che vi era una città dove ognuno viveva secondo le Scritture.
E io dissi: «Voglio mettermi alla ricerca di questa città e della sua felicità».
Era lontana. E io feci grandi provviste per il mio viaggio.
E dopo quaranta giorni giunsi in vista di quella città, e nel quarantunesimo giorno vi entrai.
Ed ecco, con stupore vidi che tutti gli abitanti di quella città avevano un solo occhio e una sola mano.
Ed io dissi tra me stupefatto: «Quelli che vivono in una città così santa hanno
dunque un solo occhio e una sola mano?».
E vidi che anche loro erano stupefatti nel vedermi con due mani e due occhi.
E mentre parlavano tra loro, io domandai: «È questa, certo, la Città Beata, dove ciascuno vive secondo le Scritture?».
Ed essi dissero: «Sì, è questa».
«E che cosa vi è accaduto», io dissi, «e dov’è l’occhio destro, dov’è la mano destra di ciascuno di voi?».
E tutti furono vivamente colpiti dalla mia domanda, e dissero:
«Vieni e vedrai».
E mi condussero al tempio, al centro della città. E nel tempio vidi un cumulo di mani e di occhi. Tutti rinsecchiti.
Allora dissi: «Ahimè! Quale vincitore ha commesso tale crudeltà su di voi?».
E corse tra loro un lungo mormorio.
E uno degli anziani si fece avanti e disse: «No, questo è opera di noi stessi. Dio ha
reso noi vincitori del male che era in noi».
E mi condusse a un altare elevato, e tutto il popolo teneva dietro.
E mi mostrò al di sopra dell’altare un’iscrizione incisa; e io lessi:
«Se il tuo occhio destro ti da scandalo, tu strappalo e gettalo via da te; giacché sarà meglio per te che una delle tue membra perisca, e non che tutto il tuo corpo sia gettato nell’inferno.
E se la tua mano destra ti da scandalo, tagliala e gettala via da te; giacché è meglio per te che una della tue membra perisca, e non che tutto il tuo corpo sia gettato nell’inferno».
Allora compresi. E volgendomi alla folla gridai: «Vi è qualche uomo o donna, tra voi, che abbia due occhi e due mani?».
E mi risposero dicendo: «No, nessuno. Non c’è nessuno che sia qui integro, tranne quelli che sono troppo piccoli per leggere le Scritture e comprenderne i comandamenti».
E quando uscimmo dal tempio, m’allontanai in fretta anche dalla Città Beata; giacché io non ero così piccolo, e le Scritture ero in grado di leggerle.

CI SONO DONNE – Scritto da Chiara de Felice

"Ci sono donne" di Chiara de Felice

“Ci sono donne” di Chiara de Felice

Ci sono donne che camminano controvento da una vita…
Ci sono donne che hanno occhi profondi e sconosciuti come oceani…
Ci sono donne che cambiano pelle per amore…
Ci sono donne che donano il loro cuore
…per poi ritrovarsi a raccattarne i cocci da sole…
Ci sono donne che in silenzio fanno ballare la loro anima
Su una spiaggia al tramonto…
…se ti fermi un istante le puoi sorprendere…
…mentre lottano contro il proprio istinto…
…mentre fanno passeggiare il proprio dolore a piedi nudi…
…affrontando onde che ad ogni mareggiata sono sempre più minacciose…
Ci sono donne che chiudono gli occhi…ascoltando una musica lenta…
…che rende ancora più salate le loro lacrime…
Ci sono donne che con orgoglio ma con il nodo in gola…rinunciano alla felicità…
Ci sono donne che con i loro occhi fotografano quegli splendidi ma così
fugaci attimi in cui si sentono abbracciate dall’amore…
…sperando di mantenerli vivi e colorati per sempre…
…se apri gli occhi un istante le puoi osservare…
…mentre disseminano briciole di se stesse
lungo il percorso verso quel treno che le porterà via…
…mentre urlano la loro rabbia contro vetri tremolanti di una casa diventata prigione…
…mentre sorridono di disperazione a chi le vorrebbe far tornare alla vita di sempre…
Ci sono donne che non si fermano davanti a nulla…
…perché non troveranno mai la fine di quel filo…
Ci sono donne che hanno fatto un nodo per ogni loro lacrima…
…sperando che arrivi qualcuno a scioglierli…
…non fermare il cuore di una donna… niente vale di più
… non far piangere una donna… ogni lacrima è un po’ di lei stessa che se ne va…
…non farla aspettare da sola ed impaurita seduta sul confine della pazzia…
… e se la vuoi amare… fallo davvero… con tutto te stesso…
Stringila e proteggila… lotta per lei… piangi con lei…
…donale il più bel raggio di sole… ogni giorno…
… tieni sempre accesa quella luce nei suoi occhi…
…quella luce è speranza… è amore… è puro spirito… è vento…
… è la più bella stella di qualsiasi notte…

LA PARABOLA DEL RANOCCHIO

ranocchio

C’era una volta una gara di ranocchi
L’obiettivo era arrivare in cima a una gran torre.
Si radunò molta gente per vedere e fare il tifo per loro.
Cominciò la gara.
In realtà, la gente probabilmente non credeva possibile che i ranocchi raggiungessero la cima, e tutto quello che si ascoltava erano frasi tipo:
“Che pena !!! Non ce la faranno mai!”
I ranocchi cominciarono a desistere, tranne uno che continuava a cercare di raggiungere la cima.
La gente continuava: “… Che pena !!! Non ce la faranno mai!…”
E i ranocchi si stavano dando per vinti tranne il solito ranocchio testardo che continuava ad insistere.
Alla fine, tutti desistettero tranne quel ranocchio che, solo e con grande sforzo, raggiunse alla fine la cima.
Gli altri volevano sapere come avesse fatto.
Uno degli altri ranocchi si avvicinò per chiedergli come avesse fatto a concludere la prova.
E scoprirono che…era sordo!
…Non ascoltare le persone con la pessima abitudine di essere negative…
DERUBANO LE MIGLIORI SPERANZE DEL TUO CUORE!
Ricorda sempre il potere che hanno le parole che ascolti o leggi.
Per cui, preoccupati di essere sempre POSITIVO!
Riassumendo:
Sii sempre sordo quando qualcuno ti dice che non puoi realizzare i tuoi sogni.

 

Lentamente muore di Martha Medeiros

pablo neruda

Questa poesia erroneamente attribuita a Pablo Neruda è di Martha Medeiros nata a Porto Alegre nel 1961, giornalista e autrice di 11 libri.
“Lettino” è stato il suo più grande successo di pubblico e di critica.
Nel solo Brasile ha venduto oltre 100.000 copie.
Il romanzo è stato tradotto di recente in numerosi altri paesi, tra cui la Francia, il Portogallo, la Spagna.
Una pièce teatrale tratta da Lettino è stata portata in scena con altrettanto successo in Brasile e Portogallo.
E in preparazione la pièce italiana.
Ultimo suo scritto “Tutto Quello che Volevo Dirti”, lo trovi su Macrolibrarsi.

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi;
Chi non cambia la marcia;
Chi non rischia e cambia il colore dei vestiti;
Chi non parla a chi non conosce.
Lentamente muore chi evita una passione,
Chi preferisce il nero sul bianco e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
quelle che fanno brillare gli occhi
quelle che tramutano in sorriso uno sbadiglio
che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo.
Chi è infelice sul lavoro
Chi, per inseguire un sogno, non rischia la certezza per l’incertezza.
Chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia
Chi non legge,
Chi non ascolta musica,
Chi non trova grazia in se stesso.
Lentamente muore chi distrugge l’amor proprio,
Chi non si lascia aiutare,
Chi passa il giorno a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia che continua a cadere.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo.
Chi non fa domande sugli argomenti che non conosce.
Chi non risponde quando gli chiedono cose che sa.
Evitiamo la morte a piccole dosi
ricordando sempre che essere vivi
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto un’ardente pazienza ci farà raggiungere una splendida felicità.

LE RAGAZZE SONO COME LE MELE SUGLI ALBERI

Albero di mele

Le ragazze sono come le mele sugli alberi.
Le migliori sono sulla cima dell’albero.
Gli uomini non vogliono arrivare alle migliori, perché
hanno paura di cadere e ferirsi.
In cambio, prendono le mele marce che sono cadute
a terra, e che, pur non essendo così buone,
sono facili da raggiungere.
Perciò le mele che stanno sulla cima dell’albero, pensano
che qualcosa non vada in loro, mentre in realtà
“Esse sono grandiose”.
Semplicemente devono essere pazienti e aspettare che l’uomo giusto arrivi, colui che sia
cosi coraggioso da arrampicarsi fino alla cima dell’albero per esse.
Non devono cadere per essere raggiunte, chi avrà
bisogno di loro e le ama farà
di tutto per raggiungerle.
La donna uscì dalla costola dell’uomo, non dai piedi per
essere calpestata, né dalla testa per essere superiore.
Ma dal lato per essere uguale, sotto il braccio per essere
protetta e accanto al cuore per essere amata.

 

LO YOGHIN RAMAN

Lo yoghin Raman 2

Lo yoghin Raman era  un vero maestro nell’arte dell’arco e della freccia.
Una  mattina, invitò il suo discepolo prediletto ad assistere a una dimostrazione del proprio talento.
Il discepolo lo aveva già  visto più di un centinaio di volte, ma decise, comunque, di obbedire al maestro.
Si recarono nel bosco accanto al monastero.
Quando giunsero davanti a una bella quercia, Raman prese uno dei fiori che  aveva intorno al collo e lo posò su un ramo dell’albero.
Poi, aprì la sua  bisaccia e ne  trasse tre oggetti: il magnifico arco di un prezioso legname, una freccia e un fazzoletto bianco, ricamato con disegni color lillà.
Lo yoghin allora si posizionò a una distanza di cento passi dal punto in cui aveva messo il fiore.
Fronteggiando il suo bersaglio, chiese al discepolo di essere bendato con il fazzoletto ricamato.
Il discepolo fece ciò  che il maestro aveva ordinato.
“Quante volte mi hai già visto praticare l’antico e nobile sport dell’arco e freccia?”,  domandò.
“Tutti i giorni, rispose il discepolo. E vi ho sempre visto centrare la rosa, a una distanza di trecento passi”.
Con gli occhi coperti dal fazzoletto, lo yoghin Raman piantò saldamente i piedi per terra, tendendo l’arco con tutta la sua energia e puntando in direzione della rosa sistemata su un ramo della  quercia – e scoccò la freccia.
La freccia fendette l’aria, provocando un rumore acuto, ma non raggiunse neppure l’albero, mancando il bersaglio per una notevole distanza.
“L’ho centrata?”, domandò Raman, togliendosi il fazzoletto che gli copriva gli occhi.
“L’avete mancata, e con un ampio margine, rispose il discepolo.
Pensavo che  mi avreste mostrato il potere del pensiero e la  vostra capacità di praticare la  magia”.
“Ti ho dato la lezione più importante sul potere del pensiero, rispose Raman.
Quando desideri una cosa, concentrati solo su di essa: nessuno sarà mai capace di colpire un bersaglio che non riesce a vedere”.

DESIDERATA

DesiderataOK

Desiderata è una poesia in prosa, in lingua inglese, dello scrittore statunitense Max Ehrmann.
La poesia venne scritta nel 1927 e pubblicata nello stesso anno, ma in quel periodo non ottenne un particolare successo.
Ehrmann morì nel 1945 e nel 1957, il reverendo Frederick Kates, parroco della St. Paul’s Protestant Episcopal Church di Baltimora, inserì la Desiderata in una raccolta di preghiere da lui compilata per la sua congregazione.
Sulla copertina era scritto: “Old Saint Paul’s Church, Baltimore A.D. 1692”, l’anno di fondazione della chiesa.
Negli anni seguenti, si diffuse erroneamente la convinzione che la poesia fosse stata rinvenuta in tale chiesa, e che fosse stata composta da un autore anonimo nel XVII secolo.
Negli anni ’60 e ’70 Desiderata divenne un testo cult per il movimento pacifista e venne ampiamente diffuso dagli anni ’80 in poi dal movimento della New Age.

DESIDERATA

Passa tranquillamente in mezzo al rumore e alla fretta, e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio.
Finchè è possibile, senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con tutte le persone
Dì la verità con calma e chiarezza;
E ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti; Anche loro hanno una storia da raccontare.
Evita le persone volgari e aggressive, esse opprimono lo spirito.
Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine, perchè ci saranno sempre persone più in basso o più in alto di te.
Gioisci dei tuoi risultati, così come dei tuoi progetti.
Conserva l’interesse per il tuo lavoro, per quanto umile, è ciò che realmente possiedi nel continuo mutare delle sorti del tempo.
Sii prudente nei tuoi affari, perchè il mondo è pieno di tranelli.
Ma questo non acciechi la tua capacità di distinguere la virtù, molte persone lottano per grandi ideali, e ovunque la vita è piena di eroismo.
Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti, e non essere cinico riguardo all’amore, poichè a dispetto di tutte le aridità e disillusioni esso è perenne come l’erba.
Accetta con benevolenza gli insegnamenti dell’età, lasciando andare con serenità le cose della giovinezza.
Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l’improvvisa sfortuna.
Ma non tormentarti con l’immaginazione.
Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.
Al di là di una sana disciplina, sii benevolo con te stesso.
Tu sei un figlio dell’universo, non meno degli alberi e delle stelle.
Tu hai diritto di essere qui.
E che ti sia chiaro o no, non vi alcun dubbio che l’universo si stia manifestando come dovrebbe.
Perciò sii in pace con Dio, comunque tu Lo concepisca, e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni, anche nella rumorosa confusione della vita, conserva la pace nella tua anima.
Con tutti i suoi inganni, il lavori ingrati e i sogni infranti, è ancora un mondo meraviglioso.
Sii prudente.
Fai tutto il possibile per essere felice.

APPREZZARE LE COSE CHE ABBIAMO

Uomo e disordine in casa

Un giorno un uomo corse dal suo rabbi e gli disse: “Rabbi, devi aiutarmi! La mia casa è un inferno! Viviamo in un’unica stanza io, mia moglie, i miei figli e la famiglia di mia moglie. È un inferno! Non c’è spazio per tutti”.
Il rabbi sorrise e disse: “Va bene, ti aiuto, ma devi promettermi di fare quello che ti dirò”.
E l’uomo: “Te lo prometto, te lo prometto! Te lo prometto solennemente!”.
Il rabbi chiese: “Quanti animali hai?”.
L’uomo rispose: “Una mucca, una capra e sei galline”.
Il rabbi disse: “Rinchiudi gli animali nella stanza e torna tra una settimana”.
L’uomo non credette alle sue orecchie, ma una promessa è una promessa.
Quindi, tornò a casa abbattuto.
La settimana successiva tornò sconsolato e disse al rabbi: “Sto impazzendo! Finirò con l’avere un infarto. Per favore, fai qualcosa…”.
Il rabbi con calma replicò: “Torna a casa e riporta in cortile gli animali.
Torna da me tra una settimana”.
L’uomo corse a casa sua. Ora, quando tornò la settimana successiva, i suoi occhi brillavano; esclamò: “Rabbi, la casa è una meraviglia, così pulita!
È un paradiso!”.